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Giurisprudenza - Corte di Cassazione Civile sez. tributaria 11/2/2005 n. 2823
io1.JPGSVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con tempestivo ricorso la società L. S.p.A. impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Livorno l’avviso di accertamento notificato ad istanza del comune di Piombino per la Tarsu dovuta relativamente allo stabilimento industriale della società per l’anno d’imposta 1996. La Commissione adita, con sentenza n. 30/04/2001, in accoglimento parziale del ricorso, riduceva la superficie tassabile a mq. 42.426. Appellavano tanto il comune di Piombino quanto la società contribuente: la Commissione tributaria regionale della Toscana, Sezione staccata di Livorno, in accoglimento parziale dell’impugnazione proposta della società L. S.p.A. – rilevato che si era formato il giudicato su una sentenza, emessa dalla medesima Commissione in altra causa tra le stesse parti in relazione all’accertamento relativo all’anno 1997, la quale stabiliva in mq. 25.911 la superficie tassabile – riduceva a tale dimensione la superficie tassabile anche per l’anno 1996, in applicazione delle regole sul giudicato esterno. Avverso tale sentenza, con atto notificato il 6 febbraio 2004, il comune di Piombino propone ricorso per cassazione con quattro motivi, che illustra anche con memoria. Resiste la società L. S.p.A, con controricorso notificato il 16 marzo 2004, illustrato anche con memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE I primi tre motivi del ricorso, con i quali il comune di Piombino denuncia, rispettivamente “erroneità dei presupposti di fatto”, “violazione e falsa applicazione dell’art. 64 del D.Lgs. n. 507/1993” ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione” possono essere esaminati congiuntamente, per connessione logica, essendo tutti relativi al medesimo capo della sentenza impugnata, quello nel quale il giudice di merito - erroneamente ad avviso del ricorrente – avrebbe ritenuto efficace nel giudizio de quo (nel quale si dibatteva sull’accertamento della Tarso per l’anno 1996) il giudicato esterno formatosi tra le stesse parti in ordine all’accertamento della Tarsu per l’anno 1997. La censura è fondata. Come questa Suprema Corte ha avuto modo di evidenziare nel nostro sistema tributario “ogni anno fiscale mantiene la propria autonomia rispetto agli altri, e comporta la costituzione, tra contribuente e Fisco, di un rapporto giuridico, distinto rispetto a quelli relativi agli anni prevedenti (o a quelli successivi)”: ciò significa che quando “questioni di fatto in tutto o in parte, analoghe siano state affrontate per più anni, e separatamente (vale a dire con più sentenze, anche parallele, e non con un’unica pronunzia emessa al termine di un unico giudizio in cui siano confluiti più processi riuniti), in linea di principio nulla impedisce da un punto di vista strettamente logico giuridico che vengano adottate soluzioni difformi”. Sicchè “l’unico rimedio per impedire la possibile emissione di pronunzie contrastanti relative ad anni diversi è costituito … proprio dalla riunione preventiva dei giudizi. In caso contrario ogni giudizio anche se relativo ai medesimi tributi, ama ad anni diversi, mantiene … la propria autonomia, e la soluzione data ad uno di essi non può comportare la formazione della cosa giudicata rispetto ai procedimenti relativi agli altri anni” (Cass. n. 8709/2003). Con il quarto motivo di ricorso, il comune di Piombino denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 64, 70 e 76 del D.Lgs. n. 507/1993, nonché omessa e insufficiente motivazione in ordine al capo della sentenza impugnata nel quale si afferma che non sono dovute le sanzioni per infedele denuncia in quanto l’unica denuncia presentata dalla società contribuente è stata quella per l’anno 1994, senza presentare per gli anni successivi alcuna denuncia di variazione. “non è ipotizzabile”, afferma il giudice di merito, “che negli anni successivi vi sia stata una sorta di denuncia tacita sulla quale applicare le sanzioni nel momento in cui si accertasse la non conformità delle superfici oggetto dell’imposta rispetto a quelle denunciate.” Il motivo è fondato. Le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 507/1993 prevedono una procedura semplificata che consente al contribuente di limitarsi a denunciare le sole variazioni intervenute successivamente alla presentazione della dichiarazione originaria senza dover rinnovare la propria dichiarazione originaria senza dovere rinnovare la propria dichiarazione anno per anno: la scelta del contribuente di non presentare per una annualità di imposta successiva alla prima una denuncia di variazione, ha il significato di un rinnovo (implicito) della dichiarazione originaria. Siffatto meccanismo non esclude (e non può escludere) che l’infedeltà della dichiarazione sia accertata in un anno successivo al primo, con applicazione della relativa sanzione comminata a norma dell’art. 76 del D.Lgs. n. 507/1993: in tale ipotesi si tratterà semmai di verificare, sulla base di un accertamento di fatto, se ci si trovi di fronte ad una “infedeltà della dichiarazione” o ad una “omessa denuncia di variazione”. E sarà altresì necessario verificate la corrispondenza della sanzione applicata al parametro di calcolo utilizzato., determinandone l’importo secondo l’esito della valutazione giudiziale dell’accertamento impugnato dal contribuente. Nell’ipotesi, poi, che risulti, sulla base di un accertamento di fatto rimesso al giudice di merito, che la violazione sanzionata dovrebbe farsi applicazione della disciplina di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 472/1997, trattandosi di normativa più favorevole al contribuente ed applicabile nella specie ai sensi degli artt. 12 e 16 del D.Lgs. n. 473/1997 (il quale ultimo dispone che “alle violazioni delle norme in materia di tributi locali si applica la disciplina generale sulle sanzioni amministrative per la violazione delle norme tributarie, compresa la disciplina transitoria concernente i procedimenti in corso”). Il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa ad altra Sezione della commissione tributaria regionale della Toscana che provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese,ad altra Sezione della Commissione tributaria regionale della Toscana.

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